Un antropologo in bicicletta. Etnografia di una società ciclistica giovanile
Di Massimo Pirovano, Mimesis editore, 2016
La ricerca propone un'etnografia a partire dal corpo del ciclista, che si immerge attivamente nel microcosmo di una società sportiva lombarda con sessant'anni di storia: l'U. C. Costamasnaga. L'analisi che l'autore compie, con gli strumenti dell'antropologia e di altre scienze umane, riguarda le pratiche, i ruoli, la struttura, l'organizzazione, i valori, la missione di coloro che la animano e dei ragazzi che gareggiano: una missione diretta specialmente a costruire il futuro corridore in bicicletta partendo dall'infanzia, ma che trova significato anche in relazione al contesto socioculturale in cui l'associazione si colloca. Il lavoro propone, quindi, una riflessione su un oggetto preciso, che però si può applicare ad altri contesti sociali. Il libro testimonia la posizione anfibia dell'antropologo che, andando sul terreno, con le sue osservazioni e le sue relazioni umane, mette in comunicazione due culture: quella che porta dentro di sé e quella di coloro che osserva e studia, dando vita ad una interpretazione negoziata dei significati che le pratiche umane assumono. Per questo, il libro vuole parlare ai lettori comuni e agli studiosi di scienze umane, per far conoscere la complessità del mondo dei ciclisti, ma anche ai vari protagonisti di questo mondo, proponendo loro una consapevolezza diversa su ciò che ritengono di conoscere benissimo.
Premio ‘Master Mastrucci’, Domenica 10 febbraio la consegna all’UNITALSI Senigallia
di Umberto Martinelli
Senigallia
Nel mondo del ciclismo marchigiano, Pierluigi Mastrucci era personaggio poliedrico, fuori schema e precursore: quale ciclista-granfondista, direttore sportivo – educatore, promotore, ispiratore (vedi il Progetto ‘Ruote e Cultura’), propulsore della scienza applicata allo sport.
Ma il ‘Master’ era molto di più e di “oltre”.
Da qui l’impegno degli ‘Amici di Piero’ di tesaurizzarne e veicolarne il messaggio, principalmente attraverso l’istituzione del Premio, assegnato a personalità e associazioni portatrici di valori profondi ed eticamente ‘provocatori’ (da tradurre in coerenti e concrete azioni principalmente solidali).
Verrà consegnato domenica 10 febbraio (alle 16,30) il Premio ‘Master Mastrucci’, conferito all’ UNITALSI di Senigallia, per l’esemplare impegno etico e la “profondità dell’attenzione rivolta agli altri”.
Nella Cattedrale della stessa città adriatica, sarà l’artista Costantino Castorio (co-creatore dell’iniziativa) a consegnare la propria opera-premio a Stefania Magagnini, presidentessa dell’Unione Nazionale Italiana Trasporto Ammalati a Lourdes e Santuari Internazionali – sezione di Senigallia.
Alla cerimonia saranno presenti tutti i Barellieri e le Dame della benemerita associazione, nel ricordo del complesso e inimitabile personaggio, che fu anche “pellegrino dell’Unitalsi, volontario tra i terremotati e Angelo del Presepio Vivente” oltreché “uomo libero, innovatore, studioso, ricercatore, intuitivo anticipatore, pinista – sciatore estremo, escursionista - ecologista, amico sempre disponibile”.
Nella Cattedrale di piazza Garibaldi, la cerimonia seguirà il rito religioso (15,30) celebrato dal vescovo di Senigallia, monsignor FRANCO MANENTI.
La Ricorrenza sarà quella della Memoria liturgica della Beata Vergine Maria di Lourdes e della Giornata Mondiale del Malato (tema: ‘Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date’).
La cultura che guarda il mondo del ciclismo
Francesco Zagaglia presenta ‘Strade’, sabato 4 novembre a Osimo
Di Umberto Martinelli, giornalista del Resto del Carlino
Foto: la copertina del libro
“Presento un libro dal titolo ‘Strade’, il 4
novembre, alle 18, presso "Il mercante di storie" ad Osimo. Se vi va...”
Non vi diciamo nulla dello scrittore e delle scritto.
Se non quel poco di stimolante alla lettura (piacevole).
Partiamo dalla
fine.
ULTIMA PAROLA: “OPS”.
Che significa esortazione a non mollare e che si collega alla dedica: “A chi cerca, a chi trova, a chi trasmette l’entusiasmo.”
Il libro “Strade” di Francesco Zagaglia pedala per tredici capitoli: dalla ‘Fine dell’estate’ a ‘Lo spettacolo sportivo’.
IL PROLOGO-PREFAZIONE porta la firma di Stefano Simoncini (quello che giocava “a fare il telecronista” mentre “il compianto Paolo Piazzini faceva l’odierno Beppe Conti”).
Abbiamo già detto troppo.
Ma come non guardare in alto
e scorgere l’Aquila di Filottrano (“….qualsiasi corridore ti piacesse non si poteva non essere anche tifosi di Scarponi”).
“DIMENTICAVO: in ‘Strade’ si parla solo marginalmente
di corse, il resto è vita.”
Quella che piace all’associazione Ruote e Cultura, il cui presidente Antonio Romagnoli plaude.
Nella fuga letteraria, tira anche Albert Einsten, che urla ai compagni d’avventura: “La cosa importante è non smettere mai di domandare.”
CHI C’È IN SELLA nella copertina di Luca Pucci?
C’è Gianmarco Cenci, che dà l’anima sul muro del Piccolo
Giro delle Marche (2012).
Anche questo è un indizio.
CHI C’È DIETRO?
Chi sono i felici complici del lavoro editoriale?
Certamente ci sono “…i racconti del G.S. Casenuove Ciclismo.”
Da cui scaturiscono “..pensieri sopra la bici, retroscena delle corse, viaggi introspettivi, i campioni, le storie, i personaggi e gli aneddoti della provincia” (quella di Ancona).
Anche le “benedette coincidenze”.
PER CUI “…AMERIGO SEVERINI…raggiungeva in una fuga Orfeo Zagaglia del G.C. Collina. Ho sgranato gli occhi dalla sorpresa. Era zio Orfeo!”
Il cui nipote
è lo scrittore.
AUTORITRATTO: “FRANCESCO Zagaglia (1982). Autore, compositore e musicista con gli Gli amici dello zio Pecos. Tra una schitarrata e l’altra, parla con una donna, brinda con gli amici, appunta
pensieri.”
LA BICI ROSA, di Marco Marando, Tagete Editore, 2016
Marando, lo scriba del ciclismo (G. Baiocco)
Numerose sono le monografie dedicate allo sport delle due ruote, il volume di Marco Marando ‒ però ‒ non è di quelle che parlano di Coppi, Bartali e della Dama Bianca ma racconta un ciclismo da tramandare all'età venture cui arriverà non solo ciò che egli ha raccolto "viva voce" dai protagonisti ma il senso profondo di questo sport splendente di umanesimo come un arazzo. E da questo punto di vista è il primo assoluto nella panoramica dell'editoria italiana, corposo nella trattazione e novellistico nella narrazione condotta in modo sistematico ed esaustivo.
Il rosa che c'è nel titolo non è solo il colore delle gare coniugate al femminile ma anche quello dei sentimenti forti che le donne san far correre su quelle loro bici con le ali.
Un giorno, lo scriba del nuovo millennio si è messo a tavolino per drenare il secreto dell'anima delle cicliste che la pelle spreme in forma di sudore attraverso ogni suo poro, ove il sole vi cola a picco la luce di dio.
Più che un libro da leggere questo è da vedere, non per via dell'iconografia pur ricca, ma per la narrazione visuale che impregna di sé la tessitura del racconto grazie alla forza allucinatoria che hanno le parole. É questa la parte più bella del racconto di Marco Marando, una favola bella imbevuta delle forme cromatiche del caleidoscopio della vita a pedali, fatta di borracce, volate, fughe, scalate, riti, cronometri, traguardi, altimetrie, protocolli, cerimonie e amore, tanto amore per quel sentimento che chiamiamo ciclismo e che porta con sé quello per la vita.
L'avventura in groppa a "La Bici Rosa" prosegue come romanzo che attraversa lo spazio e il tempo o meglio la geografia dei luoghi e le epopee che li hanno percorsi facendo grande questo sport, divenuto un genere letterario dove si sono profuse le più grandi firme del Novecento da Buzzati, a Vergani, a Piero Chiara.
Marando ci riporta a quel clima: mi è sembrato di scorgere Montanelli, seduto in terra con la macchina da scrivere sulle ginocchia (famosa foto-simbolo del giornalismo di frontiera), quando l'autore si china a intervistare con devozione Marianne Vos e m'è parso di veder aleggiare sullo sfondo le ombre dei personaggi che han dato vita ai 'processi alla tappa' di Sergio Zavoli, quando anche la TV era "eroica" come una gran fondo.
In questa parata di campionesse appare, tra le altre, la figura tosta della toscana Luperini che tracciò pagine di storia sulle vette mitiche del ciclismo-poesia (tre tour), con la levità d'un gabbiano che scala le creste irte fin sulla cima dei marosi più ostili.
Poi il racconto scivola pei declivi della nostalgia e allora entrano nel turbinio dei ricordi le biglie e i tappi sulle piste di sabbia, gli autografi del campione, le mitiche voci della radio e poi ancora la prima televisione che trasforma in salotto il tinello di casa dove c'è un posto anche per il vicino.
Sembra di udirlo quel vociare di Alfredo Oriani: "Lì sopra si è quasi in bilico, eppure si cessa di esserlo… la bicicletta è una scarpa, un pattino, siete voi stessi, il vostro piede divenuto ruota".
La lettura di un'opera di ciclismo ti fa entrare in un libro che già parla di te perché è di lì che si vien tutti, da quella letteratura di vita: la fatica di vivere, il raccolto dei campi che deve durare, la virtù della misura, l'individuo che si moltiplica come i pani e i pesci di Cristo, la generosità che ti coglie in quel giorno di dio che ti farà campione.
Marco Marando ci canta, e bene, delle "donne, i cavalieri, l'armi e gli amori" di questo nostro sport. Tutti ci ritroviamo in quelle sue pagine, insieme con esse ripercorriamo un pezzo della nostra storia, che lui intreccia all'arte, alla cultura dei luoghi, ai monti, ai passi, alle valli che hanno visto passare di lì il ciclismo dal vero… e le ragazze dalla Bici Rosa a legger libri in fronte al sole.
Auguri Alfonsina Strada (16.03.1891)!
16 maart 1891/Italy/ near Castelfranco Emilia/ ‘Once in a hundred years, an Alfonsina Strada is born’: a rare personality, a resolute pioneer. She had what it took to pick up the gauntlet before the whole of Italy and register for the ultra-tough Giro d’Italia of 1924 - because she wanted to, because she followed the promptings of her own heart and refused to be held back by scorn or mockery. Her perseverance enabled her to win through and live her life as a cycling pro. She died in 1959, virtually forgotten. The scrapbooks recording her cycling career succumbed to damp in a cellar. Over the course of three years, photographer Ilona Kamps followed in La Strada’s footsteps, determined to bring to light a history that must not be lost.
A tribute to the unrivalled Alfonsina Strada. A reconstruction of her life-story captured in fasinated b&w. A renewed book-concept where photography/poetry/history/ literature are combined into one narrative form. Text is in English/Italian /Dutch. This book is a slow-down experience !
per informazioni sul volume: www.alfonsinastrada.com
pagina facebook: www.facebook.com/alfonsina.strada
Traduzione. Il 16 marzo 1891 nasce a Castelfranco Emilia Alfonsina Strada: una personalità ricca, una pioniera risoluta a battere nuove strade sfidando ogni pregiudizio. Lei aveva le carte in regola per accettare la sfida dello sport al femminile e pertanto decise di iscriversi al duro Giro d'Italia del 1924. Alfonsina ha battuto le strade del suo cuore e i sentimenti che lo ispiravano l'hanno sostenuta nella lotta contro i tabù e le ostilità di un'opinione pubblica non pronta alla figura della donna-ciclista. La sua tenacia le ha permesso di vivere appieno quello che più sognava: il ciclismo. Morì nel 1959 ormai dimenticata da tutti. Per tre anni la fotografa Ilona Kamps ha seguito le sue gesta contribuendo a portare alla luce una storia che sarebbe andata inevitabilmente persa e con essa la memoria del fascino che emanava la sua persona. Il volume che vi proponiamo dalle pagine di questo sito è un libro di storia, poesia, letteratura e fotografia combinate tra loro secondo una formula narrativa avvincente. Il testo è in inglese, olandese e italiano.
Foto www.alfonsinastrada.com
CICLOFILOSOFIA di Lisa Favale (Roma)
L’arte del pedalare. Ecco è questo ciò che vorrei approfondire e trattare, dedicato a chi corre per lavoro, a chi lo fa per passione e a chi lo fa per fuggire dai propri disagi psichici. Nulla di più artistico del ciclismo, la nobiltà del movimento che fa discendere innumerevoli idee e pensieri, ogni essere umano che lo pratica è un ciclofilosofo! La meraviglia della contraddittorietà filosofica ciclica: la sicurezza della pedalata data dal movimento ritmico e ripetitivo in contrasto con il cambiamento della strada e del paesaggio, trasferisce la propria filosofia dell’essere, da cui scaturiscono i pensieri più reconditi. I ciclisti sono dei filosofi! E’ uno sport ad alta intensità mentale, oltre che muscolare, ma a differenza di altre attività qui si è completamente solo con se stessi, che si tratti di bici da strada o mountain bike, ha un grande effetto sulla personalità. Riflettiamoci un attimo, siamo tutti immersi fino al collo di tecnologia e purtroppo l’era digitale ci ha quasi trasformato in esseri poco umani e molto digitali, ci sono pochissimi momenti durante la giornata in cui non siamo “costretti” a far ricorso al nostro amato iphone, ai social o altro, ed è proprio mentre andiamo in bici che torniamo degli esseri umani! Quelli dell’età preistorica, quelli del pranzo in famiglia senza tv, quelli che scrivono con la penna, quelli che abbracciano le persone “live” e gli strillano in faccia se sono arrabbiati, insomma torniamo ad essere l’homo sapiens andando in bici e ascoltando solo la nostra mente e ciò che ha da dirci, probabilmente dovremmo dargli retta più in quei momenti che in altri. Idee prolifiche, pensieri dinamici o creativi, tutto va nella direzione della nostra personalità, il creativo ha l’ispirazione, il razionale ha voglia di concretizzare e il passionale di interagire, sono solo frutto della nostra meravigliosa immaginazione che può finalmente scorrazzare libera per i sentieri in modo naturale come poche volte accade. Non a caso, la mente ci accompagna e gestisce la fatica trasformando il dolore in qualcosa di “piacevolmente sofferente”, ciò significa che possiamo trarne un beneficio globale per il nostro benessere.
UN POETA A CASO, MA NON TROPPO: SANDRO PENNA
di FRANCESCO GALLINA (Parma)
Pedalare nel fango. Il ciclocross raccontato dai suoi protagonisti di Carlo Gugliotta
Il ciclocross è gareggiare nei campi cantando sotto la pioggia, riscaldando il gelo, avventurandosi nel vento, accorciando l'inverno. Il ciclocross è pedalare e correre, pedalare a forza di corsa e correre a forza di pedali. Il ciclocross è immaginare una strada e trovare una pista, sperare che siano pozzanghere e non pozzi, schizzare al pronti-via, schizzare e schizzarsi, tuffarsi, remare, guardare, traghettare. Il ciclocross è quello che non conosce l'impraticabilità dei campi, ma di cui anzi si nutre, quello che possiede una sua geografia di parchi comunali e di scalinate ecclesiastiche, una sua storia di cacciatori a pedali e di pescatori a due ruote, una sua religione silenziosa e una sua filosofia assiderata, quello che sembra fatto in proprio, in casa, in famiglia, in parrocchia, in comunità, quello che dovunque è una festa sui prati.
Carlo Gugliotta, Pedalare nel fango, Alba Edizioni